L’impatto ambientale del settore ICT ha visto una crescita notevole dal suo avvento negli anni ’70 fino ad oggi, influenzato dall’espansione di tecnologie digitali sempre più complesse, una domanda crescente di connettività e un numero crescente di dispositivi utilizzati a livello globale.
Anni ’70 e ’80: i primi passi del settore
Negli anni ’70 e ’80, il settore ICT era ancora limitato alla produzione e uso di pochi computer e sistemi di telecomunicazione, principalmente a scopo industriale o governativo. Il consumo energetico e le emissioni erano bassi perché il numero di dispositivi era ridotto e la tecnologia non era ancora entrata nelle case dei consumatori su larga scala. In questo periodo, si può parlare di un impatto ambientale minimo, poiché il settore stava ancora sviluppando le infrastrutture necessarie per supportare le future reti digitali globali.
Anni ’90: il boom dell’informatica e Internet
Con l’avvento del World Wide Web negli anni ’90 e la diffusione dei personal computer, si è verificata una crescita esponenziale del settore ICT. Il traffico dati è aumentato drammaticamente, poiché milioni di persone hanno iniziato a utilizzare internet e la posta elettronica, accedendo alle prime forme di e-commerce e comunicazione online. Il consumo energetico dei data center ha iniziato a salire, così come la produzione di dispositivi come computer e modem.
Secondo uno studio condotto nel 2010, alla fine degli anni ’90 il volume totale di dati trasferiti su Internet era di circa 1 petabyte al mese. Si trattava di una cifra impressionante per l’epoca, ma piccola rispetto a ciò che sarebbe accaduto nel decennio successivo.
Anni 2000: l’era digitale e la crescita dell’ICT
Negli anni 2000, con la crescita della banda larga e l’introduzione dei primi smartphone, il settore ICT ha accelerato. È in questo periodo che il consumo energetico del settore ha iniziato a superare la soglia del 2% delle emissioni globali di gas serra, avvicinandosi alle emissioni del settore aereo.
La nascita di piattaforme di streaming, come YouTube (2005) e Netflix (2007), ha ulteriormente aumentato il consumo di dati. Lo streaming video ha cominciato a rappresentare una porzione significativa del traffico internet globale, e oggi rappresenta oltre il 60% del traffico dati mondiale. In particolare, lo streaming in alta definizione e 4K è estremamente energivoro: un’ora di streaming in 4K può produrre tra 1 e 2 kg di CO₂.
Parallelamente, il numero di dispositivi connessi è cresciuto enormemente, con stime che parlano di oltre 22 miliardi di dispositivi IoT (Internet of Things) attivi a livello globale nel 2020, tutti richiedenti energia per funzionare e comunicare. Il processo di fabbricazione e trasporto di questi dispositivi, oltre all’energia necessaria per il loro utilizzo, ha contribuito notevolmente alle emissioni.
Oggi: il panorama attuale e le previsioni future
Nel 2023, il settore ICT contribuisce tra il 2% e il 4% delle emissioni globali di CO₂, una quota significativa che è paragonabile a quella di settori tradizionalmente energivori come l’acciaio e l’automobilistico. I principali colpevoli sono i data center, i dispositivi elettronici e le reti di telecomunicazione.
- Data center: I data center sono responsabili di una quota significativa delle emissioni ICT. Operando continuamente, questi server devono gestire enormi quantità di dati. Secondo stime recenti, il consumo energetico dei data center potrebbe aumentare drasticamente entro il 2030, generando oltre 830 milioni di tonnellate di CO₂ all’anno, una cifra che potrebbe superare le emissioni dell’intera industria aerea.
- Dispositivi e trasporti: La produzione di dispositivi come smartphone, tablet e computer è anch’essa responsabile di una parte significativa delle emissioni. Ad esempio, Amazon, nel 2021, ha emesso 19 milioni di tonnellate di CO₂ legate principalmente alla logistica e alla consegna di dispositivi elettronici.
- E-waste (rifiuti elettronici): Un problema crescente è rappresentato dai rifiuti elettronici. Si stima che ogni anno vengano generate oltre 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici a livello globale, una quantità che rappresenta una sfida ambientale e sanitaria significativa. Solo il 15% di questi rifiuti viene correttamente riciclato.
Quantità di dati trasferiti nel tempo
Per comprendere appieno la portata della crescita del settore ICT, è importante considerare il volume di dati trasferiti su Internet nel corso degli anni. Nel 2002, il traffico internet globale era di circa 100 petabyte al mese. Nel 2016, il volume di dati era salito a circa 96 exabyte al mese (1 exabyte = 1 milione di terabyte), una crescita sbalorditiva in soli quindici anni. Nel 2020, questo numero ha superato i 200 exabyte al mese, e si prevede che entro il 2025 il traffico dati globale raggiunga 463 exabyte al mese.
Questo aumento esponenziale del traffico dati riflette l’espansione delle piattaforme di streaming, social media, e-commerce e servizi cloud, che richiedono una quantità enorme di energia per supportare la trasmissione e l’elaborazione delle informazioni.
Consumo energetico e inquinamento legato ad attività non costruttive
Un aspetto sempre più discusso riguardo all’impatto ambientale del settore ICT è l’enorme quantità di energia consumata da attività digitali considerate “inutili”, o che non apportano valore significativo alla società. Molte piattaforme di social media mainstream, come Facebook, Instagram, TikTok e Twitter (ora X), sono tra le principali responsabili di questo fenomeno. Questi servizi attraggono miliardi di utenti ogni giorno, i quali generano una quantità impressionante di traffico dati per attività come la visualizzazione di video brevi, la condivisione di meme, e lo scorrimento passivo di contenuti senza uno scopo costruttivo.
Nel 2020, si stima che il traffico dati generato dalle piattaforme social rappresentasse circa il 20% del traffico internet globale, alimentando un numero crescente di data center che operano 24 ore su 24 per gestire le enormi quantità di contenuti caricati e condivisi. Ogni “mi piace”, commento o visualizzazione contribuisce al consumo energetico, con il solo processo di visualizzazione di un breve video su TikTok o Instagram Reels che può produrre fino a 2 grammi di CO₂ per minuto di streaming.
In particolare, i video brevi e virali consumano grandi quantità di energia a causa della loro natura, con centinaia di milioni di visualizzazioni concentrate in periodi di tempo molto brevi. Le stime suggeriscono che l’energia consumata dai soli video sui social media potrebbe contribuire a oltre 500 milioni di tonnellate di CO₂ entro il 2030, se non vengono implementate misure per rendere le infrastrutture digitali più efficienti.
Questo consumo di energia non solo contribuisce alle emissioni globali di CO₂, ma solleva anche questioni etiche sull’effettiva utilità di tali attività in una società sempre più consapevole dei propri impatti ambientali.
Tendenze future: l’ICT e l’ambiente nel 2030
Guardando al futuro, si prevede che il settore ICT continuerà a crescere, ma la sua impronta ecologica dipenderà in larga parte da come i Paesi affronteranno la transizione verso energie rinnovabili. L’adozione di tecnologie più efficienti dal punto di vista energetico, come i data center alimentati da energie rinnovabili e i dispositivi con consumi ridotti, potrebbe contribuire a mitigare l’impatto ambientale.
Senza cambiamenti significativi, l’ICT potrebbe superare il settore aereo nelle emissioni globali di CO₂ entro il 2030, soprattutto se il consumo energetico legato a nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale e la blockchain continuerà a crescere.
Conclusione
Dal 1970 a oggi, il settore ICT ha visto un aumento esponenziale del suo impatto ambientale, con emissioni che potrebbero diventare insostenibili nel lungo termine. Tuttavia, esistono possibilità concrete di ridurre queste emissioni attraverso l’adozione di energie rinnovabili, la progettazione di dispositivi più efficienti e una gestione più sostenibile delle infrastrutture digitali.
Questa analisi mette in evidenza non solo l’importanza del settore ICT per l’economia globale, ma anche il ruolo chiave che può giocare nella lotta contro il cambiamento climatico se adeguatamente regolato e innovato.